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Buone notizie dall’Ocse su stime Pil 2021 e 2022. Ma sulla digitalizzazione siamo ancora indietro  

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La notizia di questi giorni, e già preannunciata la scorsa primavera, è che dopo la recessione del 2020, cominceremo a respirare un po’. L’Ocse ha addirittura migliorato le stime del Pil dell’Italia per il 2021.

Gli ultimi dati diffusi parlano di un prodotto interno lordo nell’anno corrente pari ad un +5,9%.

Risultano invece un pò limati i numeri del 2022 che, in termini di crescita, somiglieranno più al periodo pre-covid, quindi vicini ai dati registrati nel 2019. Nel 2022, secondo l’Organizzazione, ci si aspetta una crescita del 4,1% mentre le precedenti stime erano del +4,4%.

La notizia però (non certo inaspettata) è che nonostante lo slancio e l’accelerata vissuta in questo ultimo anno, per l’Ocse siamo ancora ad un livello scarso di alfabetizzazione digitale e di adozione di servizi digitali rispetto al resto d’Europa.

Quando arriva il confronto con gli altri Paesi è sempre un tasto dolente per noi italiani.

La media europea di persone che possiedono competenze digitali di base è del 57%, mentre da noi in Italia solo il 44%.

Ancora una volta si apre la questione di quanto sia necessario diffondere rapidamente in tutto il Paese la  banda larga veloce che è ancora troppo limitata. E soprattutto di quanto l’intera pubblica amministrazione sia sprovvista di personale dotato delle competenze necessarie.

Non si può più aspettare

Le previsioni parlano chiaro. Nel 2022 e nei prossimi anni, a guidare la crescita mondiale sarà il settore digitale. Entro il 2022 si parla del 60% del Pil mondiale trainato da tech e dal digital.

Questa trasformazione è ogni giorno di più un motore globale di crescita economica sostenibile.

Perché allora qui da noi tutto questo non si sta esprimendo a pieno, nonostante anche gli investimenti pubblici dell’ultimo anno?

L’aspetto più dolente è senza dubbio la diffusione poco equilibrata e capacità di connessione in rete a livello nazionale.

Si registra ancora una mancanza di fiducia nelle tecnologie proprio perché solo con la massima diffusione si può conquistare un pubblico più ampio e un’abitudine consolidata.

C’è ancora una bassa competenza e conoscenza degli strumenti digitali, sia tra i cittadini che tra le imprese, in particolare le pmi.

Piano del Governo da 24 miliardi

Il Governo italiano ha un piano nazionale per la transizione digitale nell’industria per 24 miliardi di euro.

Ma si deve evitare che non aumentino i divari e che, questa rivoluzione, sia inclusiva per dare i frutti sperati e l’accelerazione di cui abbiamo bisogno per non restare indietro rispetto all’Europa e al resto del mondo.

Ci sono delle stime molto interessanti di cui tenere conto: per ogni 10% in più di diffusione di banda larga si può generare un aumento di Pil tra lo 0,5 e l’1,5 per cento.

Ci vogliono competenze e beni immateriali per aumentare la produttività, nuovi modelli di business per favorire l’accesso al mercato e rafforzare gli ecosistemi innovativi; digitalizzare la produzione per una transizione ecologica; migliorare la sicurezza digitale e l’accesso ai dati per le piccole e medie imprese.

Tutto questo ci aiuterebbe a colmare i punti critici dell’Italia e a viaggiare veloce grazie anche alle nostre indiscusse doti di creatività, originalità e qualità.

Non possiamo perdere questo treno perché con i sostegni ricevuti dallo Stato in questi quasi due anni di pandemia ci troveremo di fronte un debito pubblico al 160% e un invecchiamento demografico importante che peserà sulle finanze pubbliche.

Ancora Politica Fiscale di sostegno

Auguriamoci che la politica fiscale continui a sostenere le famiglie e le imprese fino a quando la ripresa non sarà consolidata e più mirata.

Togliere all’improvviso il sostegno alla liquidità potrebbe portare alla chiusura delle imprese che, in condizioni differenti, sarebbero profittevoli.

Ci troveremo di nuovo di fronte ad un aumento dei livelli della disoccupazione e povertà e ad una penalizzazione dei giovani e delle donne.

Dobbiamo ricevere un’opportunità piena, che sia sul fronte degli investimenti strutturali e incentivi fiscali, per creare finalmente un’economia digitale, produttiva e anche più ecologica.

 

 





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