«Un chatbot nella tua azienda? Non ha senso chiedersi se usarlo o meno, ma quando introdurlo», racconta Gianfranco Fedele, capo del dipartimento di innovazione e ricerca di Insem e cofounder di Laila.. Gianfranco è uno dei maggiori esperti di Machine Learning in Italia ed è soprattutto un amico: con lui ho cofondato Mazer, l’azienda che ha ideato Laila, il chatbot dal cuore umano con il quale abbiamo raccolto più 500mila euro di finanziamenti.
Ospite del blog, Gianfranco spiega su che tipo di chatbot un’azienda dovrebbe puntare e offre consigli su come realizzare un agente conversazionale efficace.
85% delle relazioni con i clienti mediata dall’AI
Secondo uno studio di Gartner, il 70% delle aziende migliorerà la sua produttività grazie all’uso dei chatbot entro il 2021. Sempre l’azienda di consulenza ha stimato che l’85% delle relazioni tra aziende e clienti sarà mediata in futuro da sistemi basati sull’AI:
«Le relazioni tra le aziende saranno gestite da automi capaci di stabilire il massimo profitto per la propria azienda. Le imprese fisseranno gli obiettivi da raggiungere e le macchine sapranno raggiungerli in autonomia. Questo vale nella comunicazione con i clienti, come nelle trattative e per gli accordi commerciali. Facile immaginare che buona parte di questi sistemi saranno strumenti conversazionali come i chatbot», spiega Gianfranco.
«Un chatbot di qualità media non serve a nulla»
I chatbot saranno sempre più necessari nell’economia di un’azienda, ma come puntare su quelli giusti? Gianfranco ci spiega che i chatbot di qualità media non sono efficaci nel raggiungimento degli obiettivi che l’azienda si è prefissa:
«“Benvenuto nel nostro sistema di assistenza clienti. Io sono un computer e sono qui per aiutarti”: inizia così la più triste delle esperienze di contatto col customer care di un’azienda. L’utente che legge questa frase sa che dovrà penare per avere le informazioni di cui ha bisogno o aggirare l’ostacolo cercando la via più breve per parlare con un operatore umano».
«L’utente medio – continua Gianfranco – non percepisce come utile la comunicazione con un robot, specie se appare disumanizzata e “stupida”. Il chatbot di media qualità dichiara subito la propria natura e così riduce le aspettative dell’utente, che sa che vivrà un’esperienza poco gratificante e perfino snervante».
Come creare un chatbot efficace
Sono due per Gianfranco gli elementi su cui gli sviluppatori di chatbot devono lavorare per rendere la tecnologia davvero utile per l’azienda che ne farà uso:
«Il primo è lavorare sulla qualità della risposta. Un chatbot, perché sia in grado di sostituire una persona reale, non deve solo comprendere al meglio le esigenze dell’utente, ma deve dimostrare di rispondere come farebbe un operatore umano. Questo significa per i progettisti dovranno rispondere a domande del tipo: “Come vogliamo che il nostro chatbot si esprima? Come è fatto il suo vocabolario?”».
La seconda chiave invece è lavorare sulla user experience dell’utente: «Bisogna offrire agli utenti una user experience unica. Per questo motivo, va conferita al chatbot una personalità unica che sappia distinguere subito l’agente conversazionale sul mercato, rispetto ai competitor, e che il chatbot sappia adattarsi al tone of voice dei brand che lo useranno».
Leggi qui per approfondire questo punto: https://laila.tech/costruire-personalita-chatbot-laila/
Laila e la sentiment analysis
Alla fine del suo intervento, Gianfranco ci parla dell’importanza della sentiment analysis nella progettazione di Laila:
«Il nostro chatbot nasce attorno al concetto di sentiment analysis: un dominio delle AI basato sul deep learning, con cui siamo riusciti a dare al nostro chatbot la capacità di “percepire” l’utente in maniera diversa e spesso migliore, di quanto non facciano gli operatori umani».
Con Laila – conclude Gianfranco – “realizziamo un chatbot che imita l’operatore umano fino a rendersi irriconoscibile. Per riuscirci, stiamo lavorando per consegnargli tutte le risposte possibili e renderlo in grado di personalizzarle sulla base dell’utente. Inoltre, lavoriamo per adeguare il suo comportamento al contesto in cui opera e offrire l’esperienza utente migliore possibile”.
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