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Digital marketing: 5 cose stupide che senti in giro

miti da sfatare sul marketing

Il digital marketing è una materia che ha una regola semplice. Talmente semplice che pochi sanno rispettarla: tutto quello che non è chiaro, facile da comprendere per l’utente finale, è destinato a fallire. L’uso dei social e delle nuove tecnologie sul mercato, come i tool di business intelligence, ha senso solo se i messaggi che trasmetti seguono questa norma generale di buon senso.

Eppure, molti marketer tendono a complicarsi la vita, affidandosi a formule magiche che utilizzano perché sono di tendenza. Per la serie, “se le usano tutti avranno un’utilità”.

Peccato che queste formule magiche si rivelino poi dei falsi miti che contribuiscono a prosciugare le casse delle aziende, senza apportare alcun risultato realmente efficace.

Quali sono alcuni di questi falsi miti del digital marketing? Li racconto in questo articolo.

#1. L’influencer come digital marketing funziona?

L’influencer marketing porta una marea di like ed engagement, ma quanto si traducono davvero in vendite? Un’indagine interessante sull’argomento è realizzata da Nielsen. L’azienda di consulenza mostra che per ogni 1000 impression, i costi degli influencer sono decisamente più alti di quelli delle più tradizionali ads: 285$ (influencer) rispetto a 16$ (display ads).  

Senza contare che gli influencer sono spesso fuori controllo. Il caso PewDiePie, il celebre influencer di Casa Disney che spara messaggi antisemiti, è solo uno dei tanti che hanno danneggiato l’immagine del brand. Con questo non dico che questa strategia non funziona mai. Se vuoi farne uso, però, devi trovare il match giusto tra il tuo brand e l’influencer che scegli e studiare attentamente una strategia, valutando costi e benefici.

#2. Il video è il futuro, a patto che…

Che il video sia il canale del futuro è un po’ come scoprire l’uovo di Colombo. Il 69% del traffico sul web è ormai generato dai video. Questi diventano un canale potentissimo, specie se si sposano con una buona strategia di email marketing.

Eppure anche qui c’è un rischio per i brand: affrettarsi a realizzarli, copiando storie di altri e senza tener conto di una buona ottimizzazione per la SEO. In altre parole, fare video è necessario, ma solo se coinvolgi il tuo team per pescare un’idea davvero originale, se sei bravo a modificare la tua strategia sulla base dei dati che otterrai, e se hai ben chiara in mente la call to action da mostrare al termine del video.

#3. Contest come se non ci fosse un domani

I contest funzionano e tanto. Ti aiutano a migliorare l’engagement e di conseguenza aumentano le vendite del tuo ecommerce.  Eppure farsi prendere dalla smania dei contest è sbagliato e può portare a incredibili danni di immagine.

Emblematico quello che è successo a un gigante come Domino’s Pizza che ha lanciato un contest in Russia attraverso il social che va per la maggiore lì, VKontakte. In pratica si offriva una fornitura gratuita di 100 pizze l’anno a chi si fosse tatuato il logo del brand.

Alla fine il numero incredibile di partecipanti ha costretto l’azienda a chiudere il contest in anticipo rispetto al tempo stabilito, facendo infuriare molti consumatori. La storia intera è raccontata da Wired. Insomma, un clamoroso autogol.

#4. Tutti sul nuovo social di turno

 

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La caccia alla novità dovrebbe essere uno degli obiettivi di ogni azienda, perché mostra la volontà di innovare costantemente e non sedersi sugli allori. Eppure aggiornarsi sulle novità non vuol dire “provarle tutte”.

Un brand di piccole o medie dimensioni dovrebbe avere un blog, una pagina Facebook, Instagram e altri pochi canali. Voler essere dappertutto è sbagliato, specie quando sai di non poter produrre contenuti utili su quella piattaforma.  

A questo c’è da aggiungere che spesso diversi brand vanno su canali che non sono propriamente affini ai loro consumatori. Non puoi chiedere ai tuoi utenti di seguirti su una piattaforma che non usano e che non capiscono.

#5. La Seo serve solo se…

Una buona strategia SEO contribuisce a portare gli utenti sul tuo sito. Questo è pacifico. Ma cosa poi ti consente di convertirli da visitatori occasionali in clienti?

La risposta è semplice: la qualità dei contenuti che veicoli.  In altre parole, essere posizionati bene sul ranking di Google con cattivi contenuti non è una strategia lungimirante. Meglio essere più bassi in classifica ma con più cose belle da dire. A lungo andare la qualità dei tuoi messaggi ti premierà anche nel ranking.

Hai altri falsi miti del digital marketing che vuoi aggiungere alla lista? Scrivimi e ne discuteremo insieme.

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