Qualche settimana fa si è chiacchierato tanto sulla “sentenza” lanciata senza pietà dal guru mondiale del marketing, Seth Godin, sul futuro degli influencer.
In un’intervista esclusiva rilasciata al Sole 24 Ore, a pochi giorni dall’uscita del suo libro, ha lanciato (anticipando il carattere della sua ultima fatica) un anatema sugli influencer “La loro era è finita, sono il passato, caduti nella trappola dei social … ego riferiti e troppo legati alle pubbliche relazioni, per giunta scarsamente remunerati”.
A me ha incuriosito molto leggere la sua opinione su un tema così importante per il settore digital.
Ci ho riflettuto a fondo e a freddo ho deciso di parlarne un po’ con voi.
Siamo tutti consapevoli che il nostro amato mondo digital va più veloce delle nostre azioni e strategie ed è importante tenere sempre alta la guardia.
Ma, c’è comunque un ma dal mio punto di vista rispetto a quanto pensa Godin.
Cominciamo da cosa ha detto Seth Godin
La sua idea è senza se e senza ma.
Ci è andato giù in modo piuttosto netto. Parla degli influencer al passato, come se fossero ormai al tramonto della loro attività.
La sua tesi, naturalmente, è supportata da una serie di considerazioni.
“Nella maggior parte dei casi coloro che vengono definiti influencer non lo sono affatto – racconta nella sua intervista al Sole 24 Ore – Piuttosto sono hacker egoriferiti legati alle pubbliche relazioni, e per giunta spesso scarsamente remunerati. D’altronde raccontarsi sui social media è una corsa che non porta alcun vantaggio, perché nel lungo periodo non genera né attenzione e né fiducia. Nella stragrande maggioranza dei casi i social sono una trappola. Certamente ci forniscono un microfono, ma sta poi soltanto a noi decidere come utilizzarlo al meglio”.
Per Seth quello che conta veramente è “l’esperienza autentica del cliente”.
Perché alla lunga le aspettative, i sogni e i bisogni spesso disattesi possono essere un boomerang.
Godin si schiera dalla parte della creatività proposta sulla base di studi attenti e meticolosi e di una preparazione costante. Solo così si può arrivare al successo secondo Godin e non con scelte acchiappalike alle quali ci siamo assuefatti.
La sua visione è quella di un ritorno ai fatti e alle cose concrete lontane da immagini e video patinati e sensazionali che fanno più sognare che credere in un prodotto o un servizio migliore degli altri.
Sono convinto anche io che la differenza la fa chi propone reali cambiamenti, innovazioni che aggiungono qualcosa in più al nostro modo di vivere.
Anche io credo nel lavoro duro e concreto, nell’ascolto del cliente, del mercato e delle tendenze che cambiano.
Ma tutto questo non significa che l’era degli influencer sia finita-
Influencer e ancora tanta strada davanti a loro
Vedo nel business degli influencer ancora tanto tempo da giocare e usare a proprio vantaggio.
Rovesciando le considerazioni di Seth Godin sulla connessione tra social e influencer, credo esattamente alla cosa contraria.
Sono i social che ormai vivono e resistono grazie agli influencer che, in qualche modo, li hanno resi vivi e in grado di rinnovarsi ogni giorno.
Così come fa anche l’informazione (altra fetta importante dei social network).
La ripetitività dei social network in cui si stava cadendo, è stata ravvivata proprio dagli influencer che – come i creativi di cui parla Godin – hanno investito il loro ingegno per resistere al tempo e rinnovarsi ogni giorno.
Le considerazioni di Seth Godin cosa nascondono?
Non credo di avere più conoscenza o esperienza del massimo guru contemporaneo. Né tantomeno credo che le sue riflessioni diano una visione distorta di quanto stia accadendo.
Resto piccolo piccolo di fronte al suo carisma e alla sua capacità divulgativa.
Ma credo piuttosto che, da genio del marketing, abbia messo in pratica per se stesso un’interessante operazione di comunicazione. Appunto.
Le sue dichiarazioni hanno rotto gli schemi, il flusso che in questo momento tutti stiamo seguendo e che i più prestigiosi brand internazionali cavalcano con convinzione e gratificazione.
Chi, in queste settimane, non è particolarmente interessato ad approfondire le sue idee nel suo nuovo libro “La Pratica”? Magari si è fatto conoscere anche da chi fino ad ora non ne conosceva l’esistenza?
No, io credo che l’Influencer Marketing non morirà né quest’anno né il prossimo.
Si continua a registrare un costante aumento dello spending in questo settore e molte aziende hanno riservato una percentuale maggiore del proprio budget marketing a queste strategie, fino a un +83% negli Stati Uniti e in Canada.
I grandi brand ormai si affidano in modo crescente ad high influencer o celebrity, e quelli minori scelgono personalità meno celebri, ma con un maggiore livello di engagement (micro-influencer).
Non riesco ancora ad immaginare settori come il Fashion e il Beauty senza le loro influencer di punta. Le loro storie da migliaia di like e follower e richieste di informazioni sui prodotti che indossano o utilizzano.
I formati cambieranno e anche il modo di fare creatività, questo senz’altro!
Il 2020 è stato il momento dell’ autenticità dei contenuti e della consapevolezza degli utenti, hanno spaccato i content creator e abbiamo assistito all’esplosione di Tik Tok.
Ne vedremo ancora delle belle, ne sono certo e anche incuriosito.
Caro Godin, le tue considerazioni magari troveranno conferma prima o poi nella realtà.
Ma per il momento credo che ne passeranno ancora di “like e follower” sotto i ponti (dei social network).